Scritti di Padre Berto

Vocazione

“Da quella notte di Natale del 1914…”

24 dicembre 1936

Fu durante la messa di mezzanotte, ventidue anni fa, che il Buon Gesù mi chiamò. Avevo appena compiuto quattordici anni. Che memoria!

Era il momento della comunione. Quando il sacerdote si voltò, portando la pisside, verso i fedeli, seppi in un istante, con abbagliante certezza, che ero destinato al sacerdozio. Certamente, dopo quasi undici anni di sacerdozio, ho avuto prove sufficienti di essere davvero sulla mia strada! BENE ! Non posso dire di conoscerlo meglio stasera di quanto lo sapessi quella sera. Niente può esprimere questa evidenza divina. All’inizio ero più sorpreso che depresso. Ricordatevi che, come tanti liceali della mia età, avevo poca fede, che non avevo mai parlato con un prete (a parte le confessioni molto distanziate e molto brevi); che mai nemmeno l’ombra di un’idea di vocazione mi era passata per la mente. È stato qualcosa di devastante. Letteralmente tutta la mia vita è stata decisa in un secondo. Posso dire che sono stato arpionato, che sono passato da un palo all’altro nel tempo di un lampo. O Signore Gesù, sii benedetto per sempre!

In presenza di tutto ciò che hai preparato per me, prendo tutto, accolgo tutto, gioie e dolori, sofferenze e gioie, lavoro e riposo, tutto a tuo piacimento, per te, Signore Gesù e in te.

Quanto a voi, sono testimone di questi impegni. E che la tua testimonianza mi sia favorevole nel mio ultimo giorno. Ricordati che Dio mi preparava per te quando non eri nato e quando ancora esistevi solo nel suo pensiero eterno. Da quella notte di Natale del 1914 il Buon Gesù mi aveva insegnato a pregare per le anime che un giorno mi sarebbero state affidate.

Correspondance Notre-Dame de Joie, p. 51

Seminarista a Roma

A Monsignor Gouraud, Vescovo di Vannes
“In questa amata casa”

Roma, Seminario Francese, 28 dicembre 1925

Mio Signore,

Per l’ultima volta, gli auguri che vengo filialmente a porgere a Vostra Signoria all’apertura del nuovo anno saranno formulati a Roma, e in questa diletta casa dove avrò trascorso il tempo della mia formazione clericale. Queste poche parole: “per l’ultima volta”, mi salgono alle labbra la sera di ognuno dei giorni più significativi della nostra vita in seminario, e significano che per me qui non c’è più gioia completa. Ho amato troppo questa casa, se possibile, e non so come potrei andarmene se non provassi, da un lato, a staccarmene un po’ ogni giorno, e se, dall’altro, D’altra parte, non tenevo gli occhi fissi sulla Bretagna, se non ascoltavo il richiamo delle anime che di lì viene fino a qui. Secondo le umane previsioni, quest’anno non passerà senza che mi abbia portato l’ordinazione sacerdotale, e senza che io abbia ricevuto da Vostra Signoria l’obbedienza per qualche luogo della diocesi. Tra sei mesi, tra sette mesi, verrà il tempo di dirvi, come San Pietro a Nostro Signore: In verbo tua laxabo rete. Questa vicinanza, questa imminenza del primo giorno del mio ministero, cosa può rendere più fermi e più universali i miei propositi di obbedienza, più ardenti anche i miei auguri per la fecondità e la felicità del tuo pontificato, poiché di lì, a causa del divinamente dall’unione prescritta dei presbiteri al Vescovo, dipende la fecondità e la felicità del nostro stesso sacerdozio?

Unisco pertanto i miei auguri, Monsignore, a quelli dei miei colleghi, che le giungeranno sotto la stessa copertura. Nello stesso tempo in cui li esprimiamo a voi, a testimonianza della nostra venerazione e della nostra pietà, li riveliamo alla Beata Vergine, e a sant’Anna, che gode dello speciale patrocinio della vostra Diocesi; e abbiamo grande fiducia di essere ascoltati dal Cielo, poiché chiediamo a Vostra Maestà ciò che Lei stessa desidera soltanto, le grazie di cui ha bisogno per governare la diocesi.

Corrispondenza della Madonna della Gioia, p. 58

Cappellano delle orsoline di Vannes

Studi classici
A una ragazza di 14 anni che diventerà una delle prime
Domenicani dello Spirito Santo

14 febbraio 1936

Lo studio è un tuo dovere statale. Soprattutto, non essere passivo. Il risultato principale dell’istruzione secondaria, ai miei occhi, è il gusto della verità, non accettata a bocca aperta, ma inventata o almeno controllata, ripensata, assimilata personalmente. Avrei moltissimo da dirti a riguardo, non appena me ne darai l’opportunità.

Aggiungo che, nel modo stesso di apprendere, bisogna essere spontanei e pieni di iniziativa. Se dei tuoi “Pezzi Selezionati” leggi solo quello che viene spiegato in classe, quante ricchezze perdute! Se fornisci alla tua memoria solo testi che sei fatto per imparare, che piccolo bagaglio! In francese, latino e inglese, devi leggere tutto quello che hai tra le mani, dall’inizio alla fine. Immaginate che in quarta elementare (eppure avevo solo undici anni) mi fossi impegnato a imparare a memoria “Athalie” dall’inizio alla fine. Per ricordare, avevo creato una sorta di melodia su cui cantavo la mia Racine. Ebbene, il primo risultato è stato quello di farmi apprezzare a tal punto questa sobrietà, questa misura, questa discrezione dei classici da proteggermi dalle malattie romantiche. Non sono mai riuscito, nemmeno a quattordici o quindici anni, a mettere Lamartine o Hugo al di sopra di Racine. Sentivo troppo in loro il falso lirismo, la falsa emozione, la contraffazione più insopportabile di tutte, la contraffazione della sincerità. Ci sono stati altri buoni risultati dal mio modo di studiare. Fammi ricordare una miriade di testi (e grazie ad essi una miriade di idee); rendere più facile il lavoro della mia memoria; dammi l’orrore delle approssimazioni, la necessità di risalire alle fonti, di giudicare solo in base all’evidenza; Aggiungerò il delicato piacere di assaporare ogni tipo di bellezza senza pregiudizi. Se abbiamo un giudizio sano e fermo, possiamo andare avanti. A volte attraversiamo periodi un po’ caotici, ma ne usciamo molto bene.

Devi leggere con l’intenzione di memorizzare tutto ciò che leggi. Ovviamente non possiamo farlo. Ma questa intenzione è ancora molto efficace. Conserviamo sempre almeno qualche ritaglio, e soprattutto questa abitudine decuplica il potere di attenzione, di facile applicazione a ciò che facciamo.

Riempiti la testa di testi latini. Le letture del Messale sono ottime per il vocabolario; ma per la sintassi bisogna conoscere molto Cicerone, Cesare, Tito Livio, Plinio il Giovane, ecc.

Direi lo stesso per l’inglese. Ma qui è soprattutto la poesia che bisogna imparare. Devi essere in grado di apprezzare qualunque lingua studi, e per questo, quando di solito non la parli, c’è solo un modo per impararla a memoria.

È un bel programma. Ma non ti sto chiedendo di farlo in un giorno! Tutto si riduce a una parola: attività mentale.

Corrispondenza della Madonna della Gioia, p. 98

La Confraternita Domenicana
“Monsignore ha appena acconsentito”

21 gennaio 1943

Monsignore ha appena acconsentito che l’Ordine di San Domenico si unisca, come una delle sue confraternite secolari, al gruppo dei terziari isolati di Notre-Dame de Joie. Nello stesso momento in cui ricevi crescita da questo grande Ordine, esso cresce dentro di te. Ah! lascialo crescere autenticamente! Siate in Lui, e attraverso Lui nell’Unica Chiesa, cellule vive e operose, nucleo di energia, di intelligenza soprannaturale e di amore.

Tutta la mia preghiera questa sera va alla Beata Vergine e a San Domenico, a San Tommaso d’Aquino, ai grandi santi dell’Ordine, affinché voi, e quelli che verranno dopo di voi, non siate mai figli rachitici, figli degenerati di San Domenico, ma i suoi somiglianti posteri, riconoscibili al primo sguardo. Domenicani della Vergine della Gioia, sia che rimanete un piccolo gruppo, sia che diveniate una folla, il vostro Padre san Domenico e i vostri fratelli e sorelle del cielo possano sempre trarre da voi nuovo splendore della loro corona.

Per quanto mi riguarda, con questo riconoscimento, stasera provo un immenso sollievo. Certamente ero pronto, se Dio lo avesse ordinato, a sopportare più a lungo non solo l’umiliazione di un apparente fallimento davanti alla Chiesa (questa è poca cosa e del resto l’umiliazione è troppo benefica per non rallegrarsi), ma la paura, pesante , opprimente, di averti messo in un vicolo cieco, di averti fatto perdere la vita (anche qui solo in apparenza, perché tutto volge al bene di chi ama Dio, e i passi falsi essi stessi possono essere passi giusti e grandi nella cammini trascendenti dell’amore, ma alla fine questi progressi sono molto dolorosi e richiedono eroismo). Per tanto tempo tutto sembrava chiuso davanti a noi! Abbiamo dovuto sperare contro ogni speranza, ma ora è aperta una strada, larga e sicura, latum mandatum tuum nimis, che è allo stesso tempo la strada stretta, come quella che san Domenico aprì, sulla citazione del Vangelo, per andare a il Signore. La strada la vediamo solo fino alla prossima curva, è vero, ma tu sei sulla strada, e questo è qualcosa da ringraziare, ringraziare e ringraziare ancora e all’infinito. Il resto lo scopriremo a tempo debito, ora speriamo secondo speranza e c’è un motivo preciso per sperare. “Colui che ha fatto in voi un’opera buona, la porterà a termine bene per il giorno di Cristo Gesù. » Poiché «i doni di Dio sono senza pentimento», la parola che invia non ritorna né cade inutilmente, e la prima grazia è motivo per la sua bontà di aggiungerne un’altra, purché corrisponda, come so che siete tutti determinati a farlo fare così.

Corrispondenza della Madonna della Gioia, p. 155

Fondatore di case per bambini

All’economo di Notre-Dame de Joie – La Bousselaie
I diecimila franchi di San Giuseppe

13 marzo 1938

Una parola della signora Waquet mi fa sapere che sabato la Caisse d’Épargne de Lorient ha votato per noi un sussidio di

DIECIMILA FRANCHI! ! ! ! !

Ammetti che è bello, mettiti in ginocchio, di’ grazie alla Beata Vergine e a San Giuseppe e, poi, fai le capriole quanto vuoi.

Ci contavi, cheftaine Georgette? Non me. In un angolino del mio cuore c’era scritto, a caratteri più piccoli: cinquemila franchi. E di tanto in tanto, per un attimo ancora più piccolo dell’angolo e dei caratteri, facevo leggere a San Giuseppe queste tre parole, quasi vergognosamente; e presto, presto, li ho coperti, arrossendo della mia temerarietà. Sono ben preso! E vedo come con i miei occhi, sento come con le mie orecchie, San Giuseppe che mi chiede, sorridente, dal seno della sua prodigiosa gloria, se sono veramente convinto o no che abbia lui la sovrintendenza delle Casse di Risparmio. Un rimprovero di San Giuseppe, anche accompagnato dal suo sorriso e da diecimila franchi, non è affatto piacevole. Spero davvero, cara ragazzina, che tu non ti sia procurata questo guaio, e che al contrario ti sia riservata il diritto di scoprire che lui avrebbe potuto fare di più. Facciamo in modo che abbia dato quello che serviva per il momento. E stiamo anche sicuri che darà ciò che è necessario col passare del tempo.

Non importa, mi sento imbarazzato e imbarazzato per il mio carattere.

Corrispondenza della Madonna della Gioia, p. 122

La Confraternita Domenicana
“Monsignore ha appena acconsentito”

21 gennaio 1943

Monsignore ha appena acconsentito che l’Ordine di San Domenico si unisca, come una delle sue confraternite secolari, al gruppo dei terziari isolati di Notre-Dame de Joie. Nello stesso momento in cui ricevi crescita da questo grande Ordine, esso cresce dentro di te. Ah! lascialo crescere autenticamente! Siate in Lui, e attraverso Lui nell’Unica Chiesa, cellule vive e operose, nucleo di energia, di intelligenza soprannaturale e di amore.

Tutta la mia preghiera questa sera va alla Beata Vergine e a San Domenico, a San Tommaso d’Aquino, ai grandi santi dell’Ordine, affinché voi, e quelli che verranno dopo di voi, non siate mai figli rachitici, figli degenerati di San Domenico, ma i suoi somiglianti posteri, riconoscibili al primo sguardo. Domenicani della Vergine della Gioia, sia che rimanete un piccolo gruppo, sia che diveniate una folla, il vostro Padre san Domenico e i vostri fratelli e sorelle del cielo possano sempre trarre da voi nuovo splendore della loro corona.

Per quanto mi riguarda, con questo riconoscimento, stasera provo un immenso sollievo. Certamente ero pronto, se Dio lo avesse ordinato, a sopportare più a lungo non solo l’umiliazione di un apparente fallimento davanti alla Chiesa (questa è poca cosa e del resto l’umiliazione è troppo benefica per non rallegrarsi), ma la paura, pesante , opprimente, di averti messo in un vicolo cieco, di averti fatto perdere la vita (anche qui solo in apparenza, perché tutto volge al bene di chi ama Dio, e i passi falsi essi stessi possono essere passi giusti e grandi nella cammini trascendenti dell’amore, ma alla fine questi progressi sono molto dolorosi e richiedono eroismo). Per tanto tempo tutto sembrava chiuso davanti a noi! Abbiamo dovuto sperare contro ogni speranza, ma ora è aperta una strada, larga e sicura, latum mandatum tuum nimis, che è allo stesso tempo la strada stretta, come quella che san Domenico aprì, sulla citazione del Vangelo, per andare a il Signore. La strada la vediamo solo fino alla prossima curva, è vero, ma tu sei sulla strada, e questo è qualcosa da ringraziare, ringraziare e ringraziare ancora e all’infinito. Il resto lo scopriremo a tempo debito, ora speriamo secondo speranza e c’è un motivo preciso per sperare. “Colui che ha fatto in voi un’opera buona, la porterà a termine bene per il giorno di Cristo Gesù. » Poiché «i doni di Dio sono senza pentimento», la parola che invia non ritorna né cade inutilmente, e la prima grazia è motivo per la sua bontà di aggiungerne un’altra, purché corrisponda, come so che siete tutti determinati a farlo fare così.

Corrispondenza della Madonna della Gioia, p. 155

La casa di Notre-Dame de Joie

La morte di Joseph Ribouchon
Agli ex studenti di Notre-Dame de Joie

Aprile 1950

Miei cari adulti,

Rivolgendomi a voi nella Domenica delle Palme, nel primo giorno della settimana che è per eccellenza la Settimana Santa, la Settimana Sacra, vi ricordo soprattutto, secondo il mio diritto e dovere paterno, l’obbligo della Comunione pasquale.

La maggior parte dei cristiani, e tu certamente sei tra questi, si comunicano molto più spesso di una volta all’anno. La Chiesa, però, vuole che ci comunichiamo almeno una volta nel tempo pasquale, anche se abbiamo la felice e nobile abitudine di comunicarci frequentemente. Per quello ? Perché altrimenti potremmo dimenticare l’intimo legame tra l’ostia e la croce. O Nostro Signore è nell’ostia come vittima, cioè con le disposizioni di offerta nelle quali era sulla croce. Egli discende in noi per comunicarceli per farci, come dice lui stesso nel Vangelo, «vivere per lui e secondo lui, come egli vive per mezzo del Padre suo e secondo il Padre suo». Non appartenere a se stessi, distaccarsi da se stessi, cercare di piacere al Padre più che a se stessi, questo è ciò che Egli stesso ha praticato «fino alla morte e alla morte di croce», ed è ciò che vuole condurci a praticare attraverso unendoci a Lui nell’Eucaristia, dove Egli è come sulla croce. Esiste quindi un legame strettissimo tra il sacrificio della Passione e ogni comunione, ed è per questo che dobbiamo, proprio nel momento in cui la Chiesa celebra solennemente la memoria della Passione, ricevere contemporaneamente l’Eucaristia per riconoscere liturgicamente , attraverso la comunione sacramentale, il nostro consenso alla volontà del Padre nel suo Figlio crocifisso.

“Sia che viviamo o che moriamo, siamo del Signore. » Queste parole di San Paolo, che vengono così naturali dopo le riflessioni che vi ho appena proposto, ecco, miei cari grandi, che uno di voi è chiamato a realizzare la seconda parte. Il tuo ex compagno di classe, il nostro caro Joseph Ribouchon, non leggerà questo bollettino. Attualmente trascorre i suoi ultimi giorni sulla terra, nell’ospedale di Ploërmel. Entrò lì la vigilia di Natale, già troppo malato perché fosse possibile la guarigione, e sta per morire. Sono andato a trovarlo lo scorso lunedì 27 marzo, l’ho trovato molto depresso, ma ancora lucido, e soprattutto pieno di abbandono e di fiducia in Dio. Mi raccontò di sé che aveva ricevuto l’estrema unzione qualche giorno prima, e aggiunse: “Non posso andare lontano, ma preferisco stare con il Buon Dio che sulla terra. » L’ho abbracciato a nome di tutti voi, con il dolore che potete immaginare, miei cari adulti, ma anche con un’inesprimibile consolazione nel cuore. Auguro a tutti voi, auguro a me stesso la grazia di una morte così, così bella nella semplicità della fede, e tutta illuminata dalla speranza. Giuseppe ha imparato qui, come te, queste meravigliose verità cristiane che donano il segreto per vivere bene e morire bene. Il nostro lutto comune, la nostra preghiera comune, siano per noi una ragione in più per restare fedeli gli uni agli altri, fedeli anche a tutto ciò che la beata Vergine Nostra Signora. della Gioia ci ha permesso, a noi di dare, a voi di ricevere; “Sia che viviamo o che moriamo, apparteniamo al Signore”.

Corrispondenza della Madonna della Gioia, p. 187

Un pubblicista “padre della gioventù”.
Al Pastore-Arciprete del Sig.

30 dicembre 1956

Quanto alla libertà con cui parlo secondo quello che penso… credo che sia dovuta innanzitutto alla pienezza di felicità con cui vivo nella docilità alla Chiesa. Su un segno della Santa Sede, su un segno del vescovo di cui sono suddito poserei la mia penna… con la gioia deliziosa di un bambino che rallegra la madre con la sua obbedienza… La Chiesa lo sa meglio di Io come vuole essere servita, il mio giudizio non pesa nulla davanti al suo e preferisco restare senza fare nulla se lo sente, oltre che andare a costruire sulla sabbia fuori di lei… Intanto io parlare con la libertà dei bambini.

… Non potrei fare a meno di una posizione canonica, mi dispiacerebbe mortalmente esserne privato, non mi sentirei più abbastanza della Chiesa, non avrei più gusto per nulla. … Lì sono sicuro di fare quello che la Chiesa vuole che io faccia, lì è il mio tesoro e quindi solo lì è il mio cuore.

… Questi appelli a “autorità” mal definite…. né sono coerenti con la struttura della Chiesa né possono servire a porre fine a una controversia.

Di professione non sono un pubblicista, sono quello che il canonico Timon-David chiamava un “padre della giovinezza”. Vent’anni fa ho aperto la casa dove accolgo e allevo i bambini abbandonati. Vivo in mezzo a loro, mentre vi scrivo durante la veglia ne ho nove nella mia stanza che fanno rumore aspettando la Compieta che cantiamo ogni sera e alla quale i “volontari” – sempre più numerosi di me non accettare, dobbiamo tenere alto il livello di zucchero – assistere ai loro albori di “pueri cantores”. Vi dico che del gregoriano non si stancano mai! È a questi amati figli, ai quali bacio i piedi ogni Giovedì Santo con tutta la mia tenerezza di sacerdote e di padre, è a loro che il mio vescovo ha dedicato tutte le forze che ho, è lì la mia cara obbedienza, lì dove sono sicuro di fare quello che la Chiesa vuole che io faccia, lì è il mio tesoro e quindi solo lì è il mio cuore.

Corrispondenza della Madonna della Gioia, p. 220